Le ricette dell’antica Lucania

Il cibo è memoria e rappresenta da sempre uno dei perni principali del comune patrimonio identitario di una Terra, di un Paese. La Basilicata ha in questo senso una storia ricchissima alimentata dalle tante civiltà con cui è entrata in contato sin da tempi antichissimi.
Pitagora, nell’affollato tempio di Demetra a Metaponto, consigliava la sua dieta «vegetariana», invitando a non spezzare il pane «perché intorno ad un solo pane, un tempo, si riunivano gli amici». E Aminta di Heraclea, ricordava come il maestro Platone avesse cura della propria salute seguendo una dieta fatta di olive, fichi freschi o secchi, miele e qualche formaggio, che comunque raccomandava di non consumare la sera perché «fermentano nello stomaco durante la notte». Orazio raccontava nelle Satire «l’amore del poco», le cene a base di ceci, porri e lagane, delle sue origini. Dei piatti e delle pietanze agrodolci medievali, frutto delle contaminazioni normanne e arabe, testimoniano tutt’ora tante ricette lucane. E ancora presenti sono pure le minestre e le paste della tradizione spagnola e francese rivisitate sulla scorta delle tante materie prime del nostro ricco paesaggio agroalimentare. Un milieu che anima i versi dei nostri poeti del Novecento, da Scotellaro a Riviello, da Pierro a Sinisgalli – che si fece ritrarre con una “collana” lucana di teste d’aglio al collo – e che torna nelle rappresentazioni della civiltà contadina dei pittori Giocoli e Guerricchio e di molti altri artisti.
Il volume di ricette dell’antica Lucania, curato con passione e competenza da Matilde Iungano, riprende questa grande tradizione di conoscenza e sapori della nostra Basilicata. Una Terra che si propone come crocevia formidabile di civiltà di cui il cibo porta memoria consegnandoci una meravigliosa storia di integrazione culturale che si rinnova nel tempo.

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